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Le Cascine Storiche

Sul territorio eminentemente agricolo di Penango a partire dal tardo Medioevo sorsero parecchie cascine, proprietà delle più cospicue famiglie di Moncalvo e Casale. Molte di esse esistono tuttora, sebbene ampiamente rimaneggiate e ristrutturate.
Ecco una panoramica delle cascine più interessanti, corredata da brevi notizie di storia catastale.

Cascina Barone
Nel 1765 risultava di proprietà del conte Francesco Ottavio Magnocavallo e aveva l'estensione complessiva di oltre 84 moggia. I beni passarono al figlio Corrado, che nel 1810 vendette all'arciprete Vincenzo Cotti da Calliano, dal quale ereditò l'avvocato Giovanni Battista Cotti (Cotti Caccia), ultimo discendente del pittore Guglielmo Caccia.
Nel 1849 ereditò suo figlio, avvocato Giuseppe Cotti Caccia. Parte del complesso fu venduto nel 1855 a Pietro Lavagno e Isacco Sacerdote, che subito dopo rivendettero a Francesco Barberis e Giuseppe Groppo. Nel 1862 comperò in parte Vittore Luparia fu Carlo, che ben presto fallì e dovette svendere all'avvocato Cotti Caccia. Al 1872 risale un nuovo parziale acquisto, stavolta da parte di Pietro e Maddalena Garavelli e del professor Vittorio Manacorda.
Altre parti le acquistarono nel 1876 i fratelli Meda da Sanico e il callianese Pietro Monti. I Garavelli vendettero a Felice Coggiola (1878), Manacorda alla moglie Francesca Demartini, che nel 1900 rivendette a Pietro Barberis fu Francesco. Le famiglie Meda e Monti intanto si imparentarono tra loro, in seguito al matrimonio di Carolina Meda con Giuseppe Monti. Intanto, alla fine dell'Ottocento, risultava che tutto il complesso abitativo comprendeva 42 vani. Annesso alla tenuta Magnocavallo si trovava (e si trova tuttora) un oratorio privato dedicato a san Giovanni Battista, fatto costruire da Cotti Caccia.
La porzione di Groppo passò in successione ai figli di Giuseppe: Stefano, Giovanni (che nel 1920 vendette la sua parte a Giovanni Mortarotti), Giacomo e Pietro, dai quali ereditarono i rispettivi figli.
Dal Mortarotti comperava nel 1927 Eugenio Gonella da San Damiano.
Attualmente il notevole complesso ospita, nell'antica parte padronale ristrutturata, l'azienda agrituristica "Tenuta del Barone".

Cascina Praie
La cospicua tenuta (oltre 90 moggia in tutto, con due case per complessivi 12 vani) era posseduta dalla contessa Teresa Ardizzone d'Arco, di illustre famiglia mantovana. Nel 1836 passò in eredità al conte Luigi Ardizzone d'Arco fu conte Francesco, dal quale (1872) ereditò il figlio conte Antonio.
La proprietà passò nel 1883 a Fiz e Ghiron di Casale, dai quali comperava subito dopo Guglielmo Roletto. Fiz e Ghiron riacquistarono nel 188787 per rivendere a Carolina Negri, moglie di Vincenzo Campagnola. Nel 1927 il possesso passò ad Ernesto Baiano fu Giovanni, i cui eredi la posseggono tuttora.

Cascina Fiammenga
Apparteneva nel 1765 ai Padri Conventuali di San Francesco di Moncalvo.
Nel secolo XVII risulta che in zona possedesse una tenuta tale Pietro Fiamengo, in seguito meglio indicato come Pietro Jescot, dal quale deriva il nome della cascina.
Incamerati dalla Nazione i beni dei Francescani e messi all'asta nel 1802, se li aggiudicavano Marco Antonio e Francesco Camossi di Moncalvo, dai quali ereditavano Giuseppe fu Francesco e (1850) Pietro fu Giuseppe.
Nel 1874 Camossi vendette ai fratelli Valenzano, dai quali nel 1919 comperarono Caire e Vespa, poi (1922) Virginio Brignoglio da Calliano. La tenuta passava poi nel 1974 a Maria Rosa Ferraris Vidino, e poi all'attuale proprietario dottor Vittorio Radicioni, titolare di un'azienda agricola.

Cascina Mazzetta
L'importante cascina lungo l'attuale via Mazzini a Cioccaro, dotata di terreni per oltre 85 moggia, era posseduta dal conte Antonio Maria Mazzetti di Montalero, dal quale ereditarono Giovanni Bartolomeo e Carlo Cesare Calcamuggi, che nel 1804 la vendettero a Matteo Migliarino.
Passata ai figli avvocato Carlo e Alessandro, nel 1821 Alessandro nominava erede la madre, Maria Rolando, mentre nel 1817 Carlo aveva già venduto la sua metà a Pietro Brovero di Moncalvo, che a sua volta aveva rivenduto alla Rolando. Alla morte della madama Migliarino (1850) ereditarono le figlie Angela, Rosa, Gabriella e Carlotta; Gabriella cedette la sua parte ai cognati Antonio Barberis e Gaspare Maroglio, Rosa vendette la propria a Giuseppe Baralis, e la stessa cosa fece Angela, vendendo a Giuseppe Beccaris.
Agli inizi del XX secolo la proprietà era sostanzialmente suddivisa tra Giuseppe Baralis fu Luigi (vedovo di Carlotta Maroglio nata Migliarino), fratelli e sorelle Ferraris fu Giovanni Battista e i fratelli Ambrogio e Ferdinando Beccaris.
Baralis lasciava erede la figlia Cremina, che sposerà Aurelio Ronfani; a lei i Ferraris nel 1919 vendettero la loro parte, mentre nel 1930 la famiglia Cavallero acquistava la parte dei Beccaris. La parte di Ronfani venne poi venduta ai coniugi Grana e Cully.

Cascina del Sant'Uffizio
Non esiste documentazione facilmente accessibile che confermi o smentisca l'antica destinazione dello stabile a complesso conventuale, come invece asseriscono alcune fonti. La tenuta, che da carte certe dell'archivio parrocchiale è definita piuttosto sede di villeggiatura per l'Inquisitore domenicano di Casale, era molto vasta, ricca di varie pertinenze rurali e di dotazioni fondiarie.
Soppressa l'Inquisizione e incamerati i beni, la cascina venne acquistata nel 1809 dai fratelli Stefano, Simone, Pietro e Giuseppe Gagliardone di Tommaso. Nel 1832 comperarono i coniugi Giuseppe Testa e Marietta Maino di Capriglio, che nel '41 rivendettero a Caio Gagliardone, figlio di Giuseppe fu Tommaso.
Nel 1844 comperava il generale Giovanni Camossi che alla morte lasciava la tenuta alla moglie Giuseppina Tadini e al figlio avvocato Mario Fassini Camossi.
La cascina diventava poi (1874) proprietà di Salvador David De Angelis, da cui ereditava nel 1883 il figlio avvocato Abramo, che a sua volta rivendeva nel '96 ad Angela Brunetti vedova Ghia. Nel 1914 ereditò la figlia Rosalba, da cui passò poi ai figli, Giovanni Marchisio e fratelli Capellini.
Successivamente perviene alla famiglia Firato, che vi impiantò un esercizio alberghiero, tuttora attivo sotto altra insegna.